Riflettere e agire: la storia dell’ambiente naturale in cui l’uomo vive
L’interesse di una meditazione come quella di Rigoni Stern rispetto al dibattito attuale in materia di cambiamenti climatici sta proprio nella sua inattualità. Dal confronto con essa si è infatti portati a una riflessione sul rapporto tra l’uomo, il proprio tempo e il proprio ambiente. È soprattutto opportuno sottolineare che un testo come Stagioni ci porta a cogliere come il cambiamento climatico e la ricerca scientifica sviluppatasi per far fronte a esso abbiano condotto tale relazione a cambiare radicalmente di segno.
Piuttosto che cercare il fil rouge della propria vicenda nel rapporto con la ciclicità del mondo naturale, sta ora all’uomo intervenire per modificare quella che si potrebbe chiamare la storia dell’ambiente, facendo ricorso alle più recenti tecnologie, alcune ancora in via di sviluppo.
La cattura della CO2
Una di queste tecnologie innovative è la Direct Air Capture (DAC). Essa è una delle metodologie con cui si può catturare e rimuovere la CO2 per compensarne l’immissione nell’atmosfera. Nonostante si sia lavorato anche su metodi di separazione di gas tramite membrane, i sistemi di DAC finora più sviluppati – grazie agli sforzi delle compagnie Climeworks e Carbon Engineerig – funzionano prelevando aria dall’atmosfera e rimuovendone la CO2 tramite calore e sostanze assorbenti[2].
Questa tecnologia si prepara a diventare uno degli strumenti cardine per ottemperare agli accordi presi a Parigi, che sanciscono come l’aumento delle temperature globali debba mantenersi inferiore ai 2 gradi. Come sottolineato nei reports dell’Intergovernamental Panel on Climate Change (IPCC), infatti, un rialzo superiore agli 1,5 gradi arrecherebbe danni ingenti all’ecosistema e alla vita umana sul pianeta.
Per evitare un tale esito, è necessario lo sviluppo di negative emission technologies. Senza negare l’importanza di una pratica come l’afforestazione, si è infatti sottolineato come sia importante procedere anche con una produzione di energie sostenibili che vada di pari passo con la cattura di CO2, ad esempio tramite il suo immagazzinamento nel suolo.
La ricerca sulla cattura della CO2 è ancora in via di sviluppo, ma potrebbe condurre a ottimi risultati tramite approcci innovativi. Gli studi in questo campo sono progrediti, nel corso degli ultimi decenni, grazie all’interessamento di grandi compagnie, anche se va rimarcato come la compensazione dei livelli di CO2 nell’atmosfera rappresenti un tema cui si è cercato di rispondere anche con delle strategie attuate a livello locale.
La ricerca in merito al modo più efficace ed economico per dare forma ad un impianto DAC ha mostrato come la scelta delle sostanze impiegate costituisca uno degli aspetti più problematico e rilevanti, perché esse influiscono sulla sua estensione, nonché sul suo fabbisogno energetico. Tali due questioni – l’estensione dell’area richiesta, l’uso di energia – sono tra le più problematiche rispetto all’imporsi della tecnologia DAC, assieme ai costi, particolarmente elevati trattandosi di un sistema ancora in via di sviluppo.
Interessarsi alle tecnologie per l’assorbimento di anidride carbonica dall’atmosfera significa quindi, da un lato, sporgersi in avanti verso lo sviluppo di tecnologie innovative per il futuro dell’ambiente. Dall’altro lato, il divenire di queste tecnologie si ritrova ad affrontare difficoltà di ordine amministrativo ed economico radicate in quel passato della cui politica ambientale tali innovazioni devono compensare gli effetti.
La fecondità euristica delle sfide tecnologiche al cambiamento climatico
Le forme di antropizzazione dell’ambiente che emergono dalle pagine di Rigoni Stern – coincidente con il lavoro agricolo, la caccia, la guerra – non introducono in realtà un elemento di disturbo nel rapporto tra uomo e natura.
Proprio perché un uomo possa narrare a se stesso la propria storia raccontando i climi delle regioni che ha attraversato, si richiede una certa mancata tematizzazione della relazione con l’ambiente: descriverlo non significa rapportarsi allo sfondo su cui si staglia una vicenda, ma far parlare attraverso le proprie parole una realtà vivente, che non si esaurisce nello spazio della nostra relazione con essa.
Di necessità, la lotta al cambiamento climatico ha richiesto all’uomo di porre a tema la propria relazione con la natura, per questionare e ripensare i termini in cui questa relazione ha avuto luogo, dati gli esiti precari e pericolosi che ne sono sorti. Un’innovazione come quella corrispondente allo sviluppo delle tecnologie per la Direct Air Capture, oltre a costituire un’importante sfida da un punto di vista scientifico, ci esorta a una riflessione sul rapporto dell’uomo con il proprio ambiente. L’impegno della scienza è diretto verso la riscrittura della storia climatica, permessa da una tecnologia che, come quella in questione, cerca di consentire un ritorno all’indietro. Lo scopo della tecnologia DAC è infatti quello, assai arduo, di «ripristinare il clima terrestre ai livelli precedenti la rivoluzione industriale»[3].
In sintesi
La Direct Air Capture (DAC), traducibile in italiano come “Cattura Diretta dell’Aria”, è una tecnologia che mira a rimuovere direttamente il biossido di carbonio (CO2) dall’atmosfera. Questo approccio è particolarmente rilevante per combattere il cambiamento climatico, poiché consente di ridurre le concentrazioni di CO2 nell’aria, contribuendo a limitare l’aumento della temperatura globale.
Il processo di Direct Air Capture coinvolge l’utilizzo di apparecchiature e sistemi tecnologici in grado di catturare il CO2 presente nell’atmosfera. Le tecnologie DAC utilizzano generalmente uno o più dei seguenti metodi:
- Assorbenti chimici: Gli assorbenti chimici reagiscono con il CO2 nell’aria, formando un composto chimico che può essere successivamente riscaldato per liberare il CO2 e ottenere una cattura più concentrata.
- Assorbenti fisici: Alcune tecnologie utilizzano materiali porosi o membrane che possono adsorbire il CO2 in modo selettivo e rilasciarlo quando il materiale viene sottoposto a determinate condizioni.
- Solventi: I solventi possono essere utilizzati per catturare il CO2 dall’aria, con il vantaggio di poter essere riutilizzati attraverso cicli di rigenerazione.
Una volta catturato, il CO2 può essere trattato in diverse direzioni:
- Stoccaggio geologico: Il CO2 catturato può essere compresso e iniettato in formazioni geologiche sotterranee, come giacimenti di petrolio esauriti o acquiferi salini, dove rimane intrappolato nel lungo termine.
- Utilizzazione: Il CO2 può essere utilizzato per scopi industriali, come la produzione di carburanti sintetici, prodotti chimici o materiali.
- Sequestrazione diretta: In alcuni casi, il CO2 può essere utilizzato per coltivare piante o per il processo di cattura stessa, creando un ciclo chiuso di carbonio.
Nonostante il potenziale promettente della Direct Air Capture nella lotta contro il cambiamento climatico, è ancora una tecnologia emergente e presenta sfide significative. La DAC è costosa in termini di energia e risorse, e la sua efficacia è ancora soggetta a miglioramenti. Tuttavia, molti ricercatori e aziende stanno lavorando per sviluppare e perfezionare queste tecnologie, poiché il suo successo potrebbe essere una componente cruciale per raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2 a livello globale.
[1] M. Rigoni Stern, Stagioni, Torino, Einaudi, 2006.
[2] Current status and pillars of direct air capture technologies – ScienceDirect, p. 4.
[3] Current status and pillars of direct air capture technologies – ScienceDirect, p. 7; trad. nostra.
Link di approfondimento: Direct Air Capture – Analysis – IEA

Laureata in Filosofia presso l’Università di Padova, è attualmente studentessa in Scienze filosofiche nello stesso Ateneo. Si è avvicinata ad Atmosphera Lab con l’intenzione di coniugare, in una forma rigorosa, la pratica espressiva e la ricerca su di un tema importante come la questione ambientale.


