«There is greater biodiversity — that is to say, a larger number and greater diversity of fish, coral, and mollusks — on these reefs than anywhere on earth. A single football field-sized patch of Misool’s reefs has nearly five times the number of coral species as the entire Caribbean Sea.»
Dr. Mark Erdmann, marine biologist, coral reef ecologist.
Misool – Arcipelago di Raja Ampat
Quello di Misool è l’affascinante dimostrazione che è possibile discostarsi dall’andamento ordinario per il resto del mondo, favorendo lo sviluppo della biodiversità. Misool è una delle maggiori isole (Pulau) dell’arcipelago di Raja Ampat, provincia di West Papua, Indonesia. All’interno del suo perimetro, sin dal 1982, è stata designata un’area di conservazione e protezione delle specie riconosciuta internazionalmente. Misool, sito già caratterizzato dalla forte biodiversità e hotspot di ricchezza specifica, ha subìto una radicale conversione: da campo di caccia allo squalo è diventato un eco-resort (o conservative center), che promette di avvicinare il turismo alla conservazione delle specie e alla preservazione degli spazi incontaminati.
Geolocalizzazione di Misool
L’arcipelago di Raja Ampat ospita complessivamente circa 50,000 abitanti ed è fondamentale che l’attività dell’uomo, prevalentemente di pesca tradizionale, si mantenga a bassa incidenza e interferenza affinché questo habitat si conservi inalterato e venga incentivato alla maggiore diversificazione.
Ad oggi, rispetto al periodo di caccia intensiva allo squalo, sembra che il numero di squali sia aumentato di venticinque volte e il numero di pesci triplicato. Per questo Misool, e l’arcipelago delle Raja Ampat, vengono citati come i più incontaminati degli ambienti e con la più elevata biodiversità marina.
I dati raccolti suggeriscono che ci siano più di 600 specie di coralli duri, corrispondenti al 75% circa delle specie conosciute globalmente, più di 1700 specie di pesci di barriera presenti nelle acque dell’arcipelago a cui si affiancano rarità come gli squali tappeto, che vivono nei fondali, e altri mammiferi minacciati e in via d’estinzione: orche, delfini, balene e dugonghi, questi ultimi al primo posto nella rivalorizzazione territoriale anche di Abu Dhabi.
Ripristinare, restaurare, rinaturalizzare
Nella lotta contro la scomparsa della biodiversità ci sono diversi esempi virtuosi, tra cui quelli di Misool, dove vince la conservazione dell’habitat grazie alla ridotta influenza delle attività dell’uomo nell’area.
Un altro caso è quello di Atacama, uno dei deserti più aridi della terra in cui non piove da circa 400 anni, sito tra Perù, Cile e Argentina. Fino al 1960, nonostante la sostanziale assenza di vita, vedeva colonie di milioni di cormorani e altri uccelli alloggiare sulle sue coste per la grande presenza di pesce nel mare. Tuttavia, la pesca intensiva ha ridotto drasticamente il quantitativo di pesce su cui facevano affidamento i volatili ivi residenti durante la riproduzione e nidificazione. È stato grazie all’introduzione di politiche di smorzamento della pesca intensiva che l’area ha potuto gradualmente ricominciare a ospitare i volatili che durante gli ultimi cinquant’anni hanno abbandonato questo sito di nidificazione per la mancanza di sostentamento.
Atacama Desert, Chile
Copyright: The Guardian
In riferimento all’abbondanza di biodiversità e al tasso di estinzione delle specie, il nostro presente è stato definito un periodo di estinzione di massa, la sesta per esattezza.
Dove per qualcuno è ancora uno scetticismo, per altri è la realtà in cui ci siamo pericolosamente inoltrati, come ricorda la reporter e scrittrice Elizabeth Kolbert nell’omonimo libro The Sixth Extinction. Kolbert ripercorre i principali eventi degli ultimi 500 milioni di anni soffermandosi sulle ragioni naturali che hanno scatenato le altre estinzioni su larga scala (almeno cinque). In alcuni casi è stata la prolungata siccità, in altri l’innalzamento anomalo delle temperature, il più famoso l’impatto di un asteroide. Quest’ultima estinzione di massa, malgrado la naturalità del fenomeno, è riconducibile a un unico driver: l’uomo. L’inquinamento, la riduzione del suolo e il cambiamento climatico hanno drasticamente impattato sulla naturale costruzione di una struttura ecologica biodiversa. Una ricerca pubblicata da Biological Reviews ha messo in luce i numeri: dal 1500 ad oggi potrebbero essere scomparse dal 7% al 13% delle specie conosciute. Rincara la dose l’ultimo report Ipbes (2019), avvertendo che circa un milione di specie è a rischio estinzione.
L’uomo è l’unica specie in grado di manipolare la biosfera su larga scala, producendo arricchimento e scomparsa, prosperità ed estinzione della diversità terrestre. I risultati prodotti da queste attività sono tangibili, spesso preoccupanti, talvolta virtuosi. Proprio come nel caso di Misool, che insegna che l’inversione di tendenza è possibile.
Consigli di lettura e bibliografia:
- Living Planet Report. (2021).
- In WWF. Retrieved August 1, 2023, from https://livingplanet.panda.org/
- Cowie, R. H., Bouchet, P., & Fontaine, B. (2022).
- The Sixth Mass Extinction: fact, fiction or speculation? Biological Reviews, 97(2), 640–663. https://doi.org/10.1111/brv.12816
- IPBES (2019).
- Global assessment report on biodiversity and ecosystem services of the Intergovernmental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services. E. S. Brondizio, J. Settele, S. Díaz, and H. T. Ngo (editors). IPBES secretariat, Bonn, Germany. 1148 pages. https://doi.org/10.5281/zenodo.3831673
- ISPRA. (www.isprambiente.gov.it)
- IUCN. Le Liste Rosse (www.iucn.it)
- Misool Eco Resort. (www.misool.info)

Laureata in Scienze Ambientali e studentessa di Environmental Humanities presso Ca’ Foscari. Appassionata di ambiente, di innovazione e di comunicazione.



